Catalogazione piante del territorio
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Catalogazione piante del territorio
Uliveto in località Costa, Montelanico, Roma. Anno 2013.
Ulivo
NOME SCIENTIFICO: Olea europaea L.
HABITAT: Fra le piante arboree l’Olea europaea si distingue per la sua longevità e la frugalità. L’olivo è una specie tipicamente termofila ed eliofila, con spiccati caratteri di xerofilia. Per contro è sensibile alle basse temperature. In Italia l’areale di vegetazione della sottospecie spontanea, l’olivastro, è la sottozona calda del Lauretum. Resiste bene al pascolamento in quanto tende ad assumere un portamento cespuglioso a pulvino con ramificazione fitta e spinescente. Resiste bene anche agli incendi per la notevole capacità di ricacciare vigorosi polloni dalla ceppaia.
Le esigenze climatiche sono notevoli. Essendo una pianta eliofila soffre l’ombreggiamento, producendo una vegetazione lassa e, soprattutto, una scarsa fioritura. Il fattore climatico determinante sulla distribuzione dell’olivo è la temperatura: la pianta manifesta sintomi di sofferenza a temperature di 3–4 °C. Sotto queste temperature gli apici dei germogli disseccano. In generale la sensibilità al freddo aumenta passando dalla ceppaia al fusto, ai rami, ai germogli, alle foglie, agli apici vegetativi e, infine ai fiori e ai frutticini. Le gelate possono danneggiare il legno già a temperature di −7 °C. Le forti gelate possono provocare la morte di tutto l’apparato aereo con sopravvivenza della sola ceppaia.
Per quanto riguarda gli altri fattori climatici sono dannosi il forte vento, specie se associato a basse temperature, l’eccessiva piovosità e l’elevata umidità dell’aria.
Le esigenze pedologiche sono modeste. In generale l’olivo predilige terreni sciolti o di medio impasto, freschi e ben drenati. Vegeta bene anche su terreni grossolani o poco profondi, con rocciosità affiorante. Soffre invece nei terreni pesanti e soggetti al ristagno. In merito alla fertilità chimica si adatta anche ai terreni poveri e con reazione lontana dalla neutralità (terreni acidi e terreni calcarei) fino a tollerare valori del pH di 8,5–9. Fra gli alberi da frutto è una delle specie più tolleranti alla salinità, pertanto può essere coltivato anche in prossimità dei litorali.
L’aspetto più interessante della capacità d’adattamento dell’olivo è la sua resistenza alla siccità anche quando si protrae per molti mesi. In caso di siccità la pianta reagisce: i germogli cessano di crescere, si riduce la superficie traspirante con la caduta di una parte delle foglie, gli stomi vengono chiusi e l’acqua delle olive in accrescimento viene riassorbita. In questo modo gli olivi superano indenni le lunghe estati siccitose manifestando una ripresa dell’attività vegetativa solo con le prime piogge a fine estate. Gli stress idrici pregiudicano la produzione.
L’oliveto più settentrionale attualmente esistente si trova sull’isola di Anglesey, al largo del Galles, nel Regno Unito.
CARATTERISTICHE:
L’olivo appartiene alla famiglia delle Oleaceae. La pianta comincia a fruttificare verso il 3º–4º anno, inizia la piena produttività verso il 9º–10º anno; la maturità è raggiunta dopo i 50 anni. È una pianta molto longeva: in condizioni climatiche favorevoli un olivo può vivere anche mille anni. Le radici, per lo più di tipo avventizio, sono molto superficiali ed espanse, in genere non si spingono mai oltre i 60–100 cm di profondità.
Il fusto è cilindrico e contorto, con corteccia di colore grigio o grigio scuro, il legno è molto duro e pesante. La ceppaia forma delle strutture globose, dette ovoli, da cui sono emessi ogni anno numerosi polloni basali. La chioma ha una forma conica, con branche fruttifere pendule o patenti (disposte orizzontalmente rispetto al fusto) secondo la varietà.
È una pianta sempreverde, la cui attività è pressoché continua con attenuazione nel periodo invernale. Le foglie sono opposte, coriacee, semplici, intere, ellittico-lanceolate, con picciolo corto e margine intero, spesso revoluto. La pagina inferiore è di colore bianco-argenteo per la presenza di peli squamiformi. Le gemme sono per lo più di tipo ascellare.
Il fiore è ermafrodito, piccolo, con calice di 4 sepali e corolla di petali bianchi. I fiori sono raggruppati in numero di 10–15 in infiorescenze a grappolo, chiamate mignole, emesse all’ascella delle foglie dei rametti dell’anno precedente. La mignolatura ha inizio verso marzo–aprile. La fioritura vera e propria avviene, secondo le cultivar e le zone, da maggio alla prima metà di giugno.
Il frutto è una drupa globosa, ellissoidale o ovoidale, a volte asimmetrica, del peso di 1–6 grammi secondo la varietà, la tecnica colturale adottata e l’andamento climatico.
L’olivo attraversa un periodo di riposo vegetativo che coincide con il periodo più freddo, per un intervallo di tempo che dipende dal rigore del clima.
Alla ripresa vegetativa, che orientativamente si verifica a febbraio, ha luogo anche la differenziazione a fiore; fino a quel momento ogni gemma ascellare dei rametti dell’anno precedente è potenzialmente in grado di generare un nuovo germoglio o una mignola. Dalla fine di febbraio e per tutto il mese di marzo si verifica un’intensa attività dapprima con l’accrescimento dei germogli, poi anche con l’emissione delle mignole, fase che si protrae secondo le zone fino ad aprile. La mignolatura ha il culmine in piena primavera con il raggiungimento delle dimensioni finali. Le infiorescenze restano ancora chiuse, tuttavia sono bene evidenti perché completamente formate.
Da maggio alla prima metà di giugno, secondo la varietà e la regione, ha luogo la fioritura, piuttosto abbondante. In realtà la percentuale di fiori che porteranno a compimento la fruttificazione è ridottissima, generalmente inferiore al 2%. L’impollinazione è anemofila. Alla fioritura segue l’allegagione, in linea di massima dalla metà di giugno. In questa fase la corolla appassisce e si secca persistendo fino a quando l’ingrossamento dell’ovario ne provoca il distacco. La percentuale di allegagione è molto bassa, inferiore al 5%, pertanto in questa fase si verifica un’abbondante caduta anticipata dei fiori (colatura). Si tratta di un comportamento fisiologico dal momento che la maggior parte dei fiori ha lo scopo di produrre il polline. Sulla percentuale di allegagione possono incidere negativamente eventuali abbassamenti di temperatura, gli stress idrici e i venti caldi.
Olivastro
NOME SCIENTIFICO: Olea europaea L.var.sylvestris (Miller)
HABITAT: E’ una pianta tipicamente mediterranea ma che, a causa della sua coltivazione sin dai tempi antichi, cresce in un’area geografica molto estesa. Molti studiosi ritengono l’olivastro indigeno della Sardegna e l’ulivo originario del Mediterraneo orientale. Nell’isola, vive soprattutto nelle zone litoranee assieme al lentisco, al carrubo, al ginepro e ad altre specie della macchia, fino ai 500-600 m. di quota. E’ molto longevo ed ha un’ eccezionale capacità di riprodursi dalla ceppaia per cui si riprende velocemente se danneggiato dal fuoco. In Sardegna, molte formazioni di olivastro sono state in passato trasformate in oliveti con l’innesto di varietà coltivate, ma la crisi dell’olio ha portato a un inselvatichimento di queste coltivazioni.
CARATTERISTICHE: Albero sempreverde alto in genere non più di 5-6 m., si distingue dall’olivo coltivato (Olea europea var. europea) per i rami terminali pungenti, per foglie e frutti più piccoli e per l’aspetto arbustivo e spesso sagomato dal vento. Ha una corteccia più o meno liscia a seconda dell’età, di colore grigio cenere; foglie persistenti ed opposte, di forma ovale e allungata, coriacee, di colore verde scuro di sopra e argentee di sotto; piccoli fiori di colore bianco, riuniti in specie di spighette, che fioriscono in marzo-aprile; i frutti sono piccoli e ovoidali, di colore prima verde, poi nero-rossastro a maturità raggiunta, con polpa scarsa e povera d’olio. Il suo legno è duro e compatto, per cui viene utilizzato per lavori di ebanisteria, intarsio e tornio, e anche come legna da ardere. Le foglie sono molto gradite dal bestiame e, un tempo, venivano usate per preparare un infuso contro la febbre. Con la corteccia, in passato, si coloravano di giallo i tessuti.
Quercia
NOME SCIENTIFICO: La Roverella (Quercus pubescens)
HABITAT: Distribuita nel bacino del Mediterraneo e in tutta Italia, con esclusione delle zone più interne e più elevate. Si trova principalmente nelle località più assolate, nei versanti esposti a sud ad un’altitudine compresa tra il livello del mare e i 1000 m s.l.m.
CARATTERISTICHE: Resistente all’aridità, è facilmente riconoscibile d’inverno in quanto mantiene le foglie secche attaccate ai rami a differenza delle altre specie di querce. Il principale carattere diagnostico per identificare la specie è quello di sentire al tatto le foglie o le gemme: sono ricoperte da una fine peluria che si può facilmente apprezzare.
Leccio
NOME SCIENTIFICO: Quercus ilex L.(Fagaceae)
HABITAT:. E’ una quercia sempreverde tipica delle zone mediterranee, che forma boschi estesi lungo i litorali. E’ una pianta tipica del clima mediterraneo, ma può vegetare anche a quote elevate, raggiungendo, come in Sardegna, persino quelle montane. Può formare boschi puri, detti leccete, oppure associarsi ad altre specie, come la sughera, i pini mediterranei ed altri arbusti nelle zone a quote inferiori, mentre a quote superiori si può associare alla roverella, al carpino e all’agrifoglio.
CARATTERISTICHE:. Albero alto sino a 25-30 metri, ha una chioma densa e ampia; una corteccia grigia e liscia, da giovane, bruna e divisa in piccoli tasselli quadrangolari, in seguito; foglie persistenti, lucide e di color verde scuro nella parte superiore, biancastre e pelose in quella inferiore, lunghe 3-7 cm.; i fiori, distinti in maschili e femminili, compaiono ad aprile-maggio; i frutti sono ghiande dalla forma allungata ed appuntita, con cupola a piccole squame, e compaiono in autunno. Il legno di color rosso-bruno è duro e di difficile lavorazione. La corteccia contiene una grande quantità di tannino, utilizzato un tempo per conciare le pelli. Le ghiande sono utilizzate per l’alimentazione del bestiame (suini).
In Sardegna, esistono altre tre specie di querce: la roverella (Quercus pubescens Willd), con da foglie caduche a margine più o meno lobato; la quercia spinosa (Quercus coccifera), con le foglie rotondeggianti e spinose, non caduche; la sughera (Quercus suber), con foglie ovali, non caduche, pelose nella pagina inferiore e, soprattutto, da una corteccia spessa e sugherosa. Queste altre due specie prediligono le quote più elevate, con maggiore umidità.
Olmo
NOME SCIENTIFICO: Ulmus
HABITAT: diffusi naturalmente in Europa, in Asia e in Nordamerica
CARATTERISTICHE: largamente utilizzati come piante ornamentali e soprattutto nella silvicoltura e nell’arboricoltura da legno.
Possono raggiungere 20-25 m di altezza; le foglie sono decidue, semplici, ovoidali a margine seghettato e con la lamina fortemente asimmetrica. I fiori sono ermafroditi con ovario supero e riuniti in infiorescenze. Il frutto è una samara.
Gli olmi sono stati pesantemente decimati da una malattia detta grafiosi, provocata da un fungo di origine asiatica, giunto in Europa intorno al 1920 e in Nordamerica nel 1928.
Il genere Ulmus comprende diverse decine di specie (da 30 a 40) – oltre a numerosi ibridi artificiali (e anche naturali). A causa di questa facilità di ibridazione è spesso difficile delimitare le specie. In Italia sono presenti 4 specie:
- Ulmus glabra Huds. (=Ulmus montana With.): olmo montano diffuso nei boschi termofili di tutta la penisola
- Ulmus minor Miller (=Ulmus campestris auct., Ulmus carpinifolia Suckow): olmo campestre, presente in tutte le regioni
- Ulmus canescens Melville con distribuzione meridionale
- Ulmus laevis Pallas (=Ulmus effusa Willd.): olmo bianco, olmo ciliato nei boschi umidi dell’Italia settentrionale e centrale.
Acero
NOME SCIENTIFICO: Acer
HABITAT: L’acero cresce in pianura, nelle zone di collina e submontane e nei cedui misti, nelle zone fitoclimatiche del Lauretum, Castanetum e Fagetum (0-1500 metri), in tutto l’emisfero boreale.
CARATTERISTICHE: Si tratta di alberi e arbusti di altezza da 1 a 30 m; generalmente le foglie decidue hanno 5 lobi, in alcune specie sono in numero maggiore come l’A. circinatumche ne ha 7 o 9, o minore come l’A. monspessulanum che ne ha solo 3. Il frutto è generalmente una coppia di samare.
Alcune delle varietà coltivate come piante ornamentali, per l’elegante portamento e il fogliame variegato e vivamente colorato, nei giardini e nei viali sono l’A. negundo con foglie imparipennate, l’A. japonicum, l’A. saccharum (la cui foglia stilizzata è presente sulla bandiera del Canada) e l’A. griseum, per la particolare corteccia che sfaldandosi si colora di rosso; per la coltivazione in vaso e su terrazzi sono da preferire le varietà e gli ibridi a sviluppo limitato dell’A. japonicum e dell’A. palmatum, con foglie palmate più o meno profondamente incise dal colore giallo, verde pallido o rosso.
Le specie adatte alla formazione di bonsai sono l’Acero tridente (A. buergerianum) e l’Acero giapponese (A. palmatum, A. japonicum ed altri).
Le raccolte di aceri di alcuni giardini botanici e i boschi di aceri sono anche mete del turismo nazionale, in diversi paesi, tra cui gli Stati Uniti e il Giappone, per via delle accattivanti colorazioni del fogliame autunnale. Il termine giapponese momijigari (che letteralmente vuol dire “caccia alle foglie di autunno”) indica la tradizione giapponese di recarsi in autunno nelle campagne per ammirare i colori fiammeggianti degli aceri del Giappone. La colorazione più o meno vivace è data dall’ escursione termica fra giorno e notte: più è elevata maggiore sarà la presenza di pigmenti colorati.
Altre specie di Acer vengono utilizzate nell’arboricoltura da legno e in silvicoltura per la produzione di legname, comprendendo specie spontanee o esotiche, ricordiamo: l’A. campestre, l’A. monspessulanum, l’A. opalus, l’A. pseudoplatanus, l’A. platanoides.
L’acero è uno dei legni più utilizzati per la costruzione di strumenti musicali. In particolare è molto utilizzato per costruire manici di chitarra elettrica o fasce laterali, fondo e manico per gli strumenti ad arco, nonché strumenti a percussione, in particolare i tamburi.
A. saccharum ed A. nigrum sono coltivati in Canada ed in parti degli Stati Uniti per la produzione dello sciroppo d’acero.
Lentisco
NOME SCIENTIFICO: Pistacia lentiscus L. (Anacardiaceae)
HABITAT:. E’ un arbusto sempreverde, caratteristico della macchia mediterranea, in particolare di quella bassa delle zone costiere. Ama i luoghi caldi e assolati e può formare complessi puri oppure unirsi ad elementi termofili come ginepri, cisti, olivastri, corbezzoli. In Sardegna non cresce mai al di sopra dei 700 m. di quota e grazie al suo robusto apparato radicale vegeta anche d’estate, quando le altre piante soffrono la siccità. E’ una pianta che migliora il terreno perché le sue foglie, ricche di potassio, contribuiscono alla formazione dell’humus.
CARATTERISTICHE: Arbusto alto fino ai 5-6 m., molto folto e ramoso, forma dei grossi cespugli di forma arrotondata aderenti al terreno. Ha foglie di forma ovale-allungata di color verde lucente, che emanano un forte odore di resina; i fiori, piccoli e privi di petali, sono riuniti in piccole pannocchie di color verde scuro; i frutti sono delle drupe (tipo di frutto avente la parte esterna sottile, quella media carnosa e quella interna legnosa) globulari di color rosso scuro una volta mature.
Si tratta di una pianta molto utile: infatti, un tempo dalle sue foglie si estraeva il tannino, una sostanza usata per la concia delle pelli; il legno veniva usato per fabbricare gli stuzzicadenti e fornisce tuttora della discreta legna da ardere. I frutti, molto graditi dagli uccelli, producono un olio utilizzato in passato per l’illuminazione e per gli usi alimentari.
Dal tronco e dai rami si estrae una resina chiamata “mastice di Chio”, utilizzata in Oriente come gomma da masticare e altrove per produrre vernici.
Ginestra
NOME SCIENTIFICO: Calycotome spinosa L. Link (Leguminosae )
HABITAT: Arbusto spinoso e ramoso, cresce sulle pendici più calde e aride del Mediterraneo, spesso accanto al lentisco, ai cisti ed alla fillirea. In Sardegna, questa specie cresce fino agli 800 m. di quota, dove crea formazioni compatte e impenetrabili. Le spine la difendono dal bestiame, così come l’alcaloide velenoso che contiene e per il quale in alcune regioni viene chiamata “scannabecco”, in Sardegna”iscorravoe”.
CARATTERISTICHE: Arbusto alto 1-2 m., con chioma folta formata da numerosi rami intricati e provvisti di spine lunghe e robuste. Ha una corteccia grigiastra e striata; foglie a tre lobi, che cadono nel periodo estivo; fiori di color giallo-dorato; i frutti sono dei legumi lunghi 2-3 cm., neri e lucidi una volta maturi. A causa dei suoi rami intricati e spinosi, talvolta viene utilizzata per fare delle siepi.
Melo
NOME SCIENTIFICO: Malus domestica
HABITAT: È una delle più diffuse piante da frutto coltivate.
CARATTERISTICHE: Il melo è un piccolo albero deciduo di 5-12 metri di altezza, con una chioma densa ed espansa e apparato radicale superficiale.
Le foglie sono alterne e semplici, a lamina ovale, con apice acuto e base arrotondata, di 5-12 centimetri di lunghezza e 3-6 cm di larghezza, glabre superiormente. Il picciolo è lungo 2-5 cm.
I fiori sono ermafroditi di colore bianco-rosato esternamente e bianco internamente, a simmetria pentamera. Hanno corolla composta da 5 petali e sono larghi 2,5-3,5 cm e ovario infero. Sono riuniti in infiorescenze a corimbo, in numero di 3-7. La fioritura si svolge in primavera, simultaneamente al germogliamento. Il frutto, detto pomo, si forma per accrescimento del ricettacolo fiorale insieme all’ovario ed è perciò un falso frutto; ha forma globosa, generalmente di 5-9 cm di diametro, prima verde e a maturazione, estivo-autunnale, con colore variabile dal giallo-verde al rosso. Il frutto vero, derivato dall’accrescimento dell’ovario è in realtà costituito dal torsolo, di consistenza più coriacea rispetto alla polpa.
Il pericarpo contiene cinque carpelli disposti come una stella a cinque punte; ogni carpello contiene da uno a tre semi.
Pero
NOME SCIENTIFICO: Pyrus
HABITAT: Le pere sono natali delle regioni temperate del vecchio Mondo, dall’Europa occidentale e dall’Africa del Nord fino all’Asia.
Gran parte delle specie tollerano il freddo polare, con temperature fra -25 C° e -40 C° in inverno, tranne le specie sempreverdi, che tollerano solo temperature fino a -15 C°.
CARATTERISTICHE: è un genere di piante appartenente alla famiglia delle Rosaceae, comprendente specie arboree e arbustive con fioritura delicata e variamente colorata. Sono alberi di medie dimensioni, che raggiungono i 10-17 metri. La maggior parte dei Pyrus sono decidui, ma una o due specie nell’Asia sud-orientale sono sempreverdi.
Le foglie sono lunghe circa 2-12 cm, di colore verde lucido in alcune specie, argenteo-pelose in altre; la forma delle foglie varia dall’ovale al lanceolato stretto.
I fiori sono di colore giallo o rosa bianco e raramente tinto, di diametro 2-4 cm e hanno cinque petali. Sbocciano fra aprile e maggio, fino ad una quota di 1.000 metri.
Il frutto si chiama pera; è grande come la mela, con diametro di 1-4 cm, ma in certe forme coltivate è lungo fino a 18 cm e largo 8.
Fico
NOME SCIENTIFICO: Ficus carica
HABITAT: Il Ficus carica gradisce climi caldi non umidi, si adatta a qualunque tipo di terreno purché sciolto e ben drenato, non tollera a lungo temperature inferiori ai -10, -12 °C, è peraltro da considerare che la resistenza al freddo è fortemente condizionata dalla maturazione del legno, cioè dalla trasformazione dei rami succulenti ed erbacei in legno compatto, disidratato e soprattutto ricco di resine ed amidi che sono eccellenti antigelo, (naturalmente tali accumuli, che possono essere determinanti per la resistenza al freddo, si hanno con estese insolazioni estive), enormi differenze si verificano con piante giovani, succulente ed in intensa crescita dovuta ad eccesso di umidità nel suolo, o per eccesso di concimazione, dove danni gravi si possono avere anche a -5°, -8 °C, e piante adulte in siti poveri di acqua e soleggiati, dove queste ultime hanno mostrato resistenze senza gravi problemi a temperature di -17, -18 °C, ma, in casi particolari di ottimale maturazione del legno e suolo ben disidratato, con microclima locale particolarmente favorevole, e per particolari varietà, anche a temperature inferiori.
Nelle regioni mediterranee non è raro incontrare piante di fico sorte su vecchi muri o nelle pareti dei pozzi.
L’epiteto specifico carica fa riferimento alle sue origini che vengono fatte risalire alla Caria, regione dell’Asia Minore. Testimonianze della sua coltivazione si hanno già nelle prime civiltà agricole di Mesopotamia, Palestina ed Egitto, da cui si diffuse successivamente in tutto il bacino del Mar Mediterraneo. Se per definizione è detto “Fico Mediterraneo”, si considera pure storicamente originario e comune delle regioni Caucasiche, e del Mar Nero.
Solo dopo la Scoperta dell’America il fico si diffuse in quel continente, in seguito ai contatti con l’Oriente fu diffuso in Cina ed in Giappone.
CARATTERISTICHE: È un albero dal tronco corto e ramoso che può raggiungere altezze di 6 – 10 m; la corteccia è finemente rugosa e di colore grigio-cenerino; i rami sono ricchi di midollo con gemme terminali acuminate coperte da due squame verdi, o brunastre.
Le foglie sono grandi, scabre, oblunghe, grossolanamente lobate a 3-5 lobi, di colore verde scuro sulla parte superiore, più chiare e ricoperte da una lieve peluria sulla parte inferiore.
Quello che comunemente viene ritenuto il frutto del fico è in realtà una grossa infruttescenza carnosa, piriforme, ricca di zuccheri a maturità, detta siconio di colore variabile dal verde al rossiccio fino al bluastro-violaceo, cava, all’interno della quale sono racchiusi i fiori unisessuali, piccolissimi; una piccola apertura apicale, detta ostiolo, consente l’entrata degli imenotteri pronubi; i veri frutti, che si sviluppano all’interno dell’infiorescenza, (che diventa perciò una infruttescenza) sono numerosissimi piccoli acheni. La polpa che circonda i piccoli acheni è succulenta e dolce, e costituisce la parte commestibile.
Corbezzolo
NOME SCIENTIFICO: Arbutus unedo , detto anche albatro.
HABITAT: È una tipica essenza della macchia mediterranea, vegetando tra altri cespugli e nei boschi di leccio. Predilige terreni silicei e vegeta ad altitudini comprese tra 0 e 800 metri.
CARATTERISTICHE: Si presenta come arbusto sempreverde molto ramificato, con rami giovani di colore rossastro. Può raggiungere un’altezza compresa tra 1 e 8 metri.
Le foglie hanno le caratteristiche tipiche delle piante sclerofille. Hanno forma ovale lanceolata, sono larghe 2-4 centimetri e lunghe 10-12 centimetri, hanno margine dentellato. Si trovano addensate all’apice dei rami e dotate di un picciolo corto. La lamina è coriacea e si presenta lucida e di colore verde-scuro superiormente, mentre inferiormente è più chiara.
I fiori, sono riuniti in pannocchie pendule che ne contengono tra 15 e 20. La corolla è di colore bianco-giallastro o rosea, urceolata e con 5 piccoli denti ripiegati verso l’esterno larghi 5-8 millimetri e lunghi 6-10 millimetri. Le antere sono di colore rosso scuro intenso con due cornetti gialli. La fioritura avviene in ottobre-novembre. Sono ricchi di nettare, e per questo motivo intensamente visitati dalle api, se il clima non è già diventato troppo freddo. Dai fiori di corbezzolo si ricava dunque l’ultimo miele della stagione, pregiato per il suo sapore particolare, amarognolo e aromatico. Questo miele è prezioso anche perché non sempre le api sono ancora attive al momento della fioritura, e dunque non in tutti gli anni è possibile produrlo.
Il frutto è una bacca sferica di circa 2 centimetri, carnosa e rossa a maturità, ricoperta di tubercoli abbastanza rigidi spessi qualche millimetro; i frutti maturi hanno un buon sapore.
Il legno di corbezzolo e un ottimo combustibile per il riscaldamento casalingo utilizzato su camini e stufe, ma il suo utilizzo maggiore è per gli arrosti grazie alle sue caratteristiche aromatiche. Il corbezzolo è un legno molto robusto e pesante; dopo circa 60 giorni dal taglio può perdere fino al 40% del suo peso.
Castagno
NOME SCIENTIFICO: Castanea sativa
HABITAT: Il castagno è una delle più importanti essenze forestali dell’Europa meridionale, in quanto ha riscosso, fin dall’antichità, l’interesse dell’uomo per i molteplici utilizzi. Oltre all’interesse intrinseco sotto l’aspetto ecologico, questa specie è stata largamente coltivata, fino ad estenderne l’areale, per la produzione del legname e del frutto. Quest’ultimo, in passato, ha rappresentato un’importante risorsa alimentare per le popolazioni rurali degli ambienti forestali montani e collinari, in quanto le castagne erano utilizzate soprattutto per la produzione di farina.
CARATTERISTICHE: Il castagno è una pianta a portamento arboreo, con chioma espansa e rotondeggiante e altezza variabile, secondo le condizioni, dai 10 ai 30 metri.
In condizioni normali sviluppa un grosso fusto colonnare, con corteccia liscia, lucida, di colore grigio-brunastro. La corteccia dei rami è di colore bianco ed è cosparsa di lenticelle trasverse. Con il passare degli anni, la corteccia si screpola longitudinalmente.
Le foglie sono alterne, provviste di un breve picciolo e, alla base di questo, di due stipole oblunghe. La lamina è grande, lunga anche fino a 20-22 cm e larga fino a 10 cm, di forma lanceolata, acuminata all’apice e seghettata nel margine, con denti acuti e regolarmente dislocati. Le foglie giovani sono tomentose, ma a sviluppo completo sono glabre, lucide e di consistenza coriacea.
I fiori sono unisessuali, presenti sulla stessa pianta. I fiori maschili sono riuniti in piccoli glomeruli a loro volta formanti amenti eretti, lunghi 5–15 cm, emessi all’ascella delle foglie. Ogni fiore è di colore biancastro, provvisto di un perigonio suddiviso in 6 lobi e un androceo di 6-15 stami. I fiori femminili sono isolati o riuniti in gruppi di 2-3. Ogni gruppo è avvolto da un involucro di brattee detto cupola.
Il frutto è un achenio, comunemente chiamato castagna, con pericarpo di consistenza cuoiosa e di colore marrone, glabro e lucido all’esterno, tomentoso all’interno. La forma è più o meno globosa, con un lato appiattito, detto pancia, e uno convesso, detto dorso. Il polo apicale termina in un piccolo prolungamento frangiato, detto torcia, mentre il polo prossimale, detto ilo, si presenta leggermente appiattito e di colore grigiastro. Questa zona di colore chiaro è comunemente detta cicatrice. Sul dorso sono presenti striature più o meno marcate, in particolare nelle varietà del gruppo dei marroni. Questi elementi morfologici sono importanti ai fini del riconoscimento varietale.
Gli acheni sono racchiusi, in numero di 1-3, all’interno di un involucro spinoso, comunemente chiamato riccio, derivato dall’accrescimento della cupola. A maturità, il riccio si apre dividendosi in quattro valve. Il seme è ricco di amido.
Pungitopo
NOME SCIENTIFICO:Ruscus aculeatus
HABITAT: comune nella macchia mediterranea
CARATTERISTICHE: è un basso arbusto con tipiche bacche rosse, appartenente alla famiglia delle Ruscaceae. è una pianta cespugliosa sempreverde alta dai 30 agli 80 cm, provvisto di cladodi, fusti trasformati che hanno assunto la funzione dellefoglie, divenendo ovali, appiattiti e rigidi, con estremità pungenti. Poco sopra la base dei cladodi, in primavera, si schiudono i minuscoli fiori verdastri, e quindi i frutti, che maturano in inverno, e che sono vistose bacche scarlatte grosse come ciliegie. È specie indicatrice di mediterraneità, costituendo una delle componenti del sottobosco delle pinete e delleleccete.
Elicriso
NOME SCIENTIFICO: Helichrysum italicum, noto anche come semprevivo o sempiterno
HABITAT: è una pianta arbustiva perenne, originaria dell’Europa meridionale, che cresce spontaneamente in tutto il bacino del Mediterraneo.
CARATTERISTICHE: L’elicriso è una pianta ricca di fusti che possono arrivare all’altezza di circa 30 cm; i fiori, che fanno la loro comparsa nel periodo estivo, sono di colore giallo.
La pianta dell’elicriso è caratterizzata dalla presenza di una fitta peluria bianca che emana un forte profumo, molto caratteristico. Oltre che in fitoterapia l’elicriso viene utilizzato anche nell’industria dei profumi.
A scopi fitoterapici vengono utilizzate le sommità fiorite, che vengono raccolte non appena inizia la fioritura e successivamente lasciate essiccare in luoghi ventilati e riparati dalla luce.
I costituenti principali della droga ricavata dall’elicriso sono flavonoidi, olio essenziale, ftalidi, eugenolo, linalolo, nerolo, acido caprilico, acido isovalerico, acido caffeico, tannini ecc.
La fitoterapia considera l’elicriso una pianta dalle proprietà sedative, bechiche e stimolanti la circolazione sanguigna. Sotto forma di decotto o infuso l’elicriso viene usato per trattare la bronchite e la tosse, i dolori reumatici e le vene varicose. Dietro prescrizione medica l’elicriso viene talvolta utilizzato come aerosol per trattare casi di malattie catarrali croniche.
Sotto forma di impacco l’elicriso trova impiego nella cura di cute infiammata o irritata e nel trattamento di geloni e sindrome emorroidaria.
Nell’industria cosmetica l’elicriso viene utilizzato per confezionare prodotti per la detersione di pelli grasse o irritate e per la cura dei comedoni; viene inoltre usato come ingrediente di creme solari.
Asparago
NOME SCIENTIFICO: Asparagus acutifolius
HABITAT: reperibile in tutto il bacino del Mediterraneo. Da 0 a 1300 metri, comune in prossimità dei boschi e in luoghi incolti.
CARATTERISTICHE: In primavera genera dei piccoli fiori bianchi profumatissimi a grappoli da cui si generano bacche rosse di piccole dimensioni. In alcune regioni mediterranee la fioritura avviene in tarda estate, spesso dopo abbondanti temporali, in questo caso le bacche raggiungono la piena maturazione nel corso dell’inverno.